mercoledì 18 gennaio 2017

Poussin - A dance to the music of time (1635)

     V'era il tempo a cui notte
l'onda del giorno seguitava
ed alla luna ogni cosa riversandosi
la mortal battaglia inondando
divin guerra divenne
ed io in essa, non più riflesso di schiere
d'elmi la ferocia e di spade le grida
ma pioggia, che spegne e disseta,
e vento furente, di carestia striato
sotto un cielo di foglie
per trovar sulla colonna
lignea il ristoro
e cometa, oltre gli astri scagliata
che i cieli come squarcio in questa notte disvela.
    Orrenda alla fiamma che rigenera
l'anima mia incenerita, quand'anche
accecato dal sole
offuscato, men reale giacchè or vero
ruotava ed in me
vedea fin dentro dissolto
in mille
ed una ed una più in cento forme conobbi.
     Or di drago l'artiglio ed il pasto,
ora sepolto di radici il castello 
s'abbevera. Ora fresca nube, che valle adombra
col suo amore distante
la paur mia tempera ed apparvi
dal tuono del mare, ruggito del cuore
ch'espandendosi si ritrae, che ritraendosi
il cosmo include
e questa sera abbraccia
d'un suono silente, che l'oceano assorda
nel sogno. Celesti creature
che nell'orrore controparte hanno
ed in esse il partorire
ed in esse stesse il perir dell'inganno
quand'anche il nome è risuonar del vuoto vaso.
    Ed immagine risuona, dall'illusione liberato
oltre l'eterno dimentico
è il tempo dell'istante, del mio smarrire
e poco oltre nella misura, di un battito
il ricordare è il canto sul ramo,
il bacio nel vorticar della vita.
     Io fui smarrito, nel cercare il tuo viso
singhiozza il racconto, per un attimo senza
principio, fui capace di volare.


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